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Another artworld is possible

Filippo Focosi

pp. 85-98

Non c’è alcun dubbio, Leibniz si sbagliava: non viviamo nel migliore dei mondi possibili. In passato, l’arte perlomeno forniva all’uomo consolazione sotto forma di opere che, con la loro bellezza, profondità e inventività, suggerivano vie d’uscita dalla realtà o dischiudevano nuovi orizzonti. Ma ai nostri giorni, non ci è più possibile trovare conforto nell’arte, specie se ci immergiamo nel mondo delle arti visive, dove a dominare incontrastate il mercato, a ricevere le più entusiastiche recensioni critiche e a stimolare l’interesse dei filosofi sono opere davvero povere d’immaginazione formale e, conseguentemente, di contenuto incarnato. Basti pensare ai teschi tempestati di diamanti di Damien Hirst, ai bambini-manichini appesi da Cattelan a un albero di Porta Ticinese a Milano, ai cani di palloncini di Jeffrey Koons, o al Terzo Paradiso di Pistoletto. Cosa possono fare gli studiosi di estetica per invertire la rotta, per rendere il nostro mondo, se non il migliore dei mondi possibili, per lo meno artisticamente più allettante di quello odierno? La risposta la si potrà trovare nella messa a punto di una definizione estetica dell’arte e di un perfezionamento dei suoi criteri di classificazione, che sono anche norme di valutazione.

Publication details

DOI: 10.4000/estetica.1067

Full citation:

Focosi, F. (2016). Another artworld is possible. Rivista di estetica 61, pp. 85-98.

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